CERTIFICAZIONE CAPM®,
CONSIGLI PER L'USO
Finalmente è arrivata. Dopo circa tre mesi
di studio, ripasso e test posso dire di essere un Certified Associate in
Project Management.
Molti di voi penseranno ad uno studio matto e disperatissimo, voglio
dire, tre mesi di impegno a questo fanno pensare! In realtà l’approccio
è stato decisamente più “soft”, vuoi anche perché si sa, durante il
periodo di ferie tutti i buoni propositi vengono momentaneamente
accantonati!
Preferisco descrivere il periodo dedicato alla preparazione di questo
esame come un progressivo e costante avvicinamento ed approfondimento
della materia, piuttosto che una “full immersion” in stile “sessioned’esameconl’acquaallagola”.
Per quel che riguarda quest’ultimo tipo di
esperienze ho già dato in passato!
Credo che un buon metodo per il conseguimento della certificazione sia
l’esatto contrario: applicazione moderata ma costante nel tempo.
Questo può suonare come il più classico dei consigli scolastici, una
regola aurea per tutti ma di difficile applicazione.
Diciamocelo, la certificazione CAPM®
non è una passeggiata, non si tratta esclusivamente di imparare a
memoria un libro e pensare che il gioco sia fatto. Essenzialmente per
due motivi: primo, è assolutamente impossibile, secondo, è assolutamente
inutile.
Per coloro che non hanno familiarità con il PMBOK® Guide
-strumento guida nella preparazione all’esame-, è abbastanza chiaro che
imparare a memoria qualche centinaio tra processi, input, output, tools&technique
ecc. non sia esattamente l’attività più facile del mondo, né quella più
stimolante. Si tratta piuttosto di calarsi progressivamente
nell’argomento cercando di stabilire, per quanto possibile, una base
logica o una mappa mentale utile al ragionamento. Chiaramente alcuni
riferimenti mnemonici sono necessari, ma il principale aspetto su cui
focalizzarsi non è sicuramente questo.
Il sistema di gestione di un progetto (che comprende una serie di
processi, di input, output, strumenti e tecniche, ecc.) è logico, e per
quanto complesso esso possa essere sempre logico resta. Proprio per
questo motivo è necessario del tempo per assimilare i concetti, per
interiorizzarli e cercare di porsi nella giusta condizione per un
ragionamento efficace.
Inoltre, senza entrare nel dettaglio relativo al metodo di studio,
estremamente variabile da persona a persona, credo che un elemento
imprescindibile per la corretta assimilazione dei concetti relativi al
Project Management sia un avviamento a queste tematiche operato da
persone competenti sull’argomento. La letteratura in materia di Project
Management è sicuramente molto ricca -non mancano di certo le pietre
miliari che hanno fatto la storia di questa disciplina- ma reputo
indispensabile perlomeno un orientamento da chi il Project Management lo
conosce di persona. Così è stato nel mio caso, cominciando da un corso
di Project Management al tempo dell’università fino ad arrivare alla
preparazione per l’esame CAPM® vera e propria.
Altro aspetto fondamentale nel cammino di preparazione è stato la
possibilità di poter valutare il livello di competenza acquisito
attraverso dei test simili a quelli della prova d’esame. Questi, utili a
prendere familiarità col costrutto delle domande della prova, mi hanno
personalmente aiutato a sviluppare un meccanismo di risposta
estremamente rapido, che è assolutamente necessario quando il tempo è
limitato.
Per quel che riguarda la durata dell’esame, a mio parere, però, tre ore
sono più che sufficienti. Ribadisco, avendo svolto simulazioni ed
esercitazioni quasi allo sfinimento, ho percepito il tempo a
disposizione assolutamente ben bilanciato. A tal proposito mi sento di
consigliare lo stesso tipo di approccio “meccanico e immediato” che ho
messo in pratica, in modo tale da avere -per quanto possibile- un’idea
sulla risposta da marcare già mentre si legge la domanda. Tutto ciò
evita, nella maggior parte dei casi e per le domande più semplici, di
scegliere la risposta corretta andando per esclusione, perdendo
quindi tempo prezioso. È bene considerare, infatti, che alcune domande
possono essere più ostiche di altre, necessitando di conseguenza di un
tempo maggiore dei circa 70 secondi calcolati in media per ciascuna di
esse.
Questa considerazione rafforza la sua
valenza se si pensa che molte delle domande del set di valutazione sono
molto brevi, dirette e mirate alla verifica di una conoscenza di estremo
dettaglio degli elementi presentati nel PMBOK®. Perciò,
un’alta reattività a questo tipo di quesiti “secchi” consente di poter
gestire con un margine temporale maggiore quelle situazioni in cui è
richiesto un più intenso sforzo di ragionamento.
In conclusione, mi pongo sulla stessa
linea di pensiero espressa dai docenti del corso di preparazione alla
certificazione: una volta terminato quest’ultimo non aspettate troppo a
sostenere l’esame.
Compatibilmente al tempo necessario all’assimilazione dei concetti -e
agli impegni di lavoro o di studio- è infatti molto più proficuo e meno
faticoso (per la mole di informazioni da imparare ed interiorizzare)
sostenere l’esame entro un limite ragionevole di qualche mese. Far
trascorrere troppo tempo dal termine del corso, o in generale
“trascinare” la preparazione a ritmi blandi più del dovuto, determina
indubbiamente un abbassamento della concentrazione e della “tensione”
emotiva, portando molto spesso ad una preparazione frettolosa e
superficiale per sostenere la prova entro i limiti previsti dall’elegibility.
Marco Giovannenze, CAPM
marco.giova@live.it